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"Io scrivo nella tua lingua" è la messa a nudo del ricordo di un'infanzia. Una favola di segno negativo nell'età adulta. La memoria che si fa sempre più presente e reale fino a diventare "compresenza" fra due età (e persone) che si confrontano, scontrano e inseguono nell'impossibilità di appartenersi. Impietoso "svelamento" che avviene prima di tutto nel linguaggio. Carlo Bordini, di queste poesie, scrisse: "Noi siamo osceni perché mostriamo quello che non si può, o non si vuole mostrare". "Queste poesie oscillano fra violenza e dolcezza", in quanto esito d'una scrittura che "deforma" il linguaggio, "toglie la cipria alla realtà" e porta il lettore verso lo "svelamento" di una realtà "altra". La lingua di questo libro è anche, e soprattutto, quella del ricordo (da cui il titolo), labile equilibrio fra silenzio e materia, pieno e vuoto: scenografia verbale d'una realtà intermedia fra sogno e incubo.